Come modificare un insieme

Quando sono arrivata in Italia nel 1969 ero a digiuno di qualsiasi nozione di teoria letteraria o di metodologia della critica, cose di cui si occupavano i critici ‘continentali’. In qualche modo sono riuscita a rimanere in questo stato di ignoranza finché, nel 1986, sono arrivata all’Università di Pisa, dove ho incontrato Elsa Linguanti, docente formidabile che mi ha insegnato quanto la retorica possa essere utile per comprendere la struttura di una poesia, un romanzo, un’opera teatrale, il loro rapporto con la tradizione e il motivo per cui esercitano un determinato effetto su un particolare lettore o pubblico. Ad Elsa importava poco quella parte della retorica che riguarda le figure di parole, l’elocutio, mentre importava molto l’inventio, la memoria collettiva alla quale qualsiasi scrittore attinge per scegliere i temi, personaggi, ambientazioni che gli servono; ma il suo punto di partenza era sempre la dispositio di un’opera: la sua struttura, le sue parti e l’ordine i cui sono disposti nelle struttura di un insieme.

E con questo arriviamo al tema del nostro concerto (quello di Samuele Telari del 14 dicembre 2024). Nel capitolo sulla dispositio del manuale di retorica preferito di Elsa, quello di Heinrich Lausberg (1949), è spiegato come un insieme circolare — per esempio, la coscienza di un individuo in un determinato momento– può essere trasposto in un insieme lineare che ha una direzione nel tempo, come un testo o un discorso; e viceversa come, dopo aver letto un testo o ascoltato un discorso, la coscienza del lettore/ascoltatore può risultare modificata. Lausberg spiega inoltre che un insieme lineare può essere mutato in quattro modi:

  1. Per adiectio, aggiungendo uno o più elementi nuovi (suoni, parole, idee) o aumentando il grado di intensità;
  2. Per detractio, omettendo una parte finora appartenente all’insieme, o indebolendo il grado di intensità;
  3. Per transmutatio, cambiando di posizione una o più parti;
  4. Per immutatio, sostituendo uno o più parti con qualcosa finora estranea.

Nel suo blog sull’arte della trascrizione, Sabrina illustra con eleganza come anche i brani musicali possano essere mutati attraverso queste stesse operazioni. In una fuga di Bach trascritta per chitarra il timbro è sostituito, ma la struttura contrappuntistica e l’intensità restano immutate. Nel trascrivere i Quadri di un’esposizione di Mussorgsky, Ravel aggiunse ‘una sinfonia di colori orchestrali’, ma nello stesso tempo rivelò aspetti nascosti nell’originale. Trascrivere un brano orchestrale per un singolo strumento, come il pianoforte, evidentemente comporta molteplici operazioni di detractio e immutatio, ma così la struttura armonica e linee melodiche emergano con maggiore nitidezza e intensità. L’uso della fisarmonica per interpretare musica ‘classica’ implica audaci sostituzioni di timbro e di sfumature ritmiche, ma l’aggiunta di ‘un respiro fisico, una dimensione timbrica che può rivelare sfumature inediti.’

Seguendo Lausberg, ho elencate le modalità di mutare un’opera come se fossero operazioni semplici e meccaniche, ma Sabrina ci dimostra che sono tutt’altro. Sono i mezzi artistici attraverso i quali un compositore e o un interprete entra in dialogo con l’opera, approfondisce la sua conoscenza e celebra la sua universalità, regalandole nuova vita ‘oltre i confini per cui è nata’. Si capisce bene come l’insieme che ne risulta può mutare anche la coscienza dell’individuo che ascolta, aprendo in noi nuove prospettive su musiche considerate – a torto—già note, compiute e quindi morte.

Jeanne Clegg

L’Arte della Trascrizione: Tradire o Esaltare il Compositore?

Quanto può un’opera musicale cambiare senza perdere la sua anima? La trascrizione musicale ci invita a esplorare i confini dell’interpretazione: è un atto creativo che arricchisce il significato originale o rischia di tradirlo? Ogni compositore scrive con un’immagine sonora ben precisa in mente. Gli strumenti scelti sono il mezzo attraverso cui trasmette il suo messaggio musicale. Quando si trascrive per un organico diverso, il rischio di allontanarsi dall’intento originale è reale. Eppure, le grandi opere sembrano avere un potenziale intrinseco che supera i limiti dello strumento per cui sono state concepite. Una fuga di Bach, per esempio, trascritta per chitarra o quartetto d’archi, rimane riconoscibilmente “Bachiana”: la struttura contrappuntistica e l’intensità del discorso musicale sopravvivono al cambio di timbro.

Per molti artisti, trascrivere o eseguire trascrizioni non è solo un modo per adattare brani al proprio organico, ma un’opportunità per esplorare in profondità la musica. Questo processo di riscrittura diventa un dialogo intimo con l’opera. Quando Ravel orchestrò i Quadri di un’esposizione di Mussorgsky, non si limitò a tradurre il brano: lo trasformò in una sinfonia di colori orchestrali, rivelando aspetti nascosti nell’originale.

Anche la pratica inversa – trascrivere un’opera orchestrale per un organico più ridotto – offre una nuova prospettiva. Cambiare strumento obbliga a ripensare ogni dettaglio: le frasi, i respiri, le dinamiche. Trascrivere per esempio un brano per pianoforte svela la filigrana della composizione: la struttura armonica e la forza delle linee melodiche emergono con una nitidezza che nella densità orchestrale potrebbe sfuggire.

Un esempio che illustra bene il potenziale e le sfide della trascrizione è l’uso della fisarmonica, uno strumento spesso associato al repertorio popolare. Quando un interprete come Samuele Telari suona i Preludi e Fughe di Shostakovich o trascrive Lo Schiaccianoci di Čajkovskij, cambia inevitabilmente il timbro e le sfumature ritmiche rispetto all’originale. Eppure, questo cambiamento non rappresenta una perdita, ma una scoperta. La fisarmonica aggiunge un respiro fisico, una dimensione timbrica unica che può rivelare sfumature inedite del brano.

Forse il punto non è se la trascrizione snaturi l’opera, ma cosa ci dica sul brano stesso. La trascrizione costringe interpreti e ascoltatori a interrogarsi su cosa renda un’opera unica. Ogni trascrizione diventa un esperimento, un laboratorio in cui si mette alla prova l’essenza stessa della musica. In definitiva, trascrivere non è mai un atto neutro. Per un compositore o un interprete, rappresenta un modo per dialogare con un’opera, approfondirne la conoscenza e, talvolta, celebrarne l’universalità. È come osservare un grande quadro sotto luci diverse o in stagioni differenti: ogni nuova prospettiva aggiunge un tassello al mosaico di significati.

Ogni trascrizione ci ricorda che la musica è un linguaggio vivo, capace di trasformarsi e rimanere sé stesso. Forse non c’è atto più universale che reinterpretare un’opera per portarla oltre i confini per cui è nata.

Sabrina

Lights & Lumières

Lights e lumières è il titolo del concerto che apre la stagione 2024-25 di Andante con fuoco. Come spiegano Sabrina e Michela Chiara, nasce da una intuizione: le sensazioni di luminosità e libertà che sentono nelle musiche che suoneranno per noi, e che caratterizzano anche gli anni e i luoghi in cui Debussy, Ravel, Poulenc e Gershwin hanno vissuto e creato le loro musiche. 

Ho trovato nella storia della genesi del Prélude di Debussy un aiuto a capire. Nel 1876  il poeta simbolista Stéphane Mallarmé finalmente riesce a pubblicare Il pomeriggio di un fauno  (link alla  traduzione di Ungaretti). Si tratta di un monologo di un fauno che si è appena svegliato da un sonno pomeridiano e racconta delle ninfe che ha incontrato o ha sognato di incontrare. Le illustrazioni grafiche di Eduard Manet, pittore amico di Mallarmé, trasmettono l’atmosfera sensuale, ma è una sensualità leggera. Il fauno e le ninfe si lasciano piegare dal vento in sintonia con le piante – o sono le piante che seguono le curve dei loro corpi? 

Quindici anni più tardi, il giovane compositore Claude Debussy, che si era già ispirato alla poesia dei simbolisti è invitato da Mallarmé a collaborare con il drammaturgo Paul Fort, su una messa in scena del suo poema. Il progetto teatrale non fu realizzato, ma Debussy continuerà per i prossimi tre anni a ‘cesellare al pianoforte’ il Preludio che lo avrebbe dovuto introdurre. Il compositore Raymond Bonheur, che ascoltò una delle prime versioni, scrisse: ‘mi ricorderò sempre la sensazione di stupore che provai quando mi mostrò, al suo primo stadio, questo Après-midi d’un faune, raggiante di luce, bruciante di tutto l’ardore dell’estate.’

Si capisce già da questo perché la musica di Debussy fu descritta all’epoca come ‘impressionista’, etichetta che deriva dal titolo di questo quadro di Claude Monet Impression, soleil levant (1872):

A Debussy non piaceva essere etichettato in questo modo, ma la sua ammirazione per il pittore inglese J.M.W. Turner e l’americano James McNeill Whistler conferma il suo interesse per la luce e il colore piuttosto che per la forma solida.

J. M. W. Turner,  Modern Rome – Campo Vaccino (1839) e James McNeill Whistler, Notturno in blu e oro: il vecchio ponte di Battersea (1872)

Di questi pittori ho scelto scene di città, perché il connubio tra poesia, arti visive, musica e teatro dal quale nasce il Prélude à l’après-midi d’un faune non sarebbe stato possibile se non in un grande città, e in particolare nella città di Parigi tra gli ultimi anni del‘800 e i primi decenni del ventesimo secolo.

‘Gli anni del banchetto’ li chiama il critico americano Roger Shattuck nel libro in cui traccia le origini dell’avanguardia in Francia tra il 1885 e la prima guerra mondiale. Un’epoca ‘irresistibile’ nella quale Parigi ‘pullulava di tante energie contrastanti tra di loro’, dando vita ad ‘un periodo di rinnovamento eccezionalmente variegato e brillante’. Anche il biografo di Ravel, Aby Orenstein, insiste sulla natura diversificata di questa epoca, e sulla ‘cross fertilisation’ tra arti, gli scambi proficui tra pittori, scrittori e musicisti, sia autoctoni come Debussy, Fauré, Poulenc, Matisse, Renoir, Rodin, Mallarmé, Proust, Gide, sia i trapiantati, come Stravinsky, Prokoviev, Falla, Picasso, Modigliani, Wilde, Stein. 

Non ho gli strumenti per parlare delle diverse energie che si contendevano la scena musicale parigina in questi anni, tanto meno quella new yorkese. Nella pittura invece mi sono più evidenti: bastano tre quadri dipinti nel giro di solo 10 anni a cavallo dei secoli ‘800-‘900 per vedere subito questa diversità: 

Henri Rousseau, Zingara addormentata,1897  

Henri Matisse, Joie di vivre, 1906
Henri Matisse, Joie di vivre, 1906

 

Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon,1907 

E’ più difficile dire che cosa i tre hanno in comune. Mi faccio aiutare da Roger Shattuck, che nel suo capitolo finale identifica due tendenze nelle arti moderne.  La prima è quella di cercare la bellezza e verità nell’arte in sé piuttosto che nella realtà esterna. L’oeuvre di Rousseau non rappresenta la realtà, è sua rivale: il suo mondo è un mondo autonomo. In Matisse, gli alberi possono essere di color rosa come la carne delle figure umane, e le donne di Picasso sfidano le nostre nozioni dell’ anatomia umana. La seconda è l’abbandono del valore della unità organica, quindi della prospettiva; il ventesimo secolo, secondo Shattuck, sostituisce le arti della transizione con quelle della giustapposizione. I quadri di Rousseau non sono costruiti per far capire cosa c’è davanti, cosa dietro: ogni oggetto, ogni parte, occupa uno spazio proprio. 

La relazione tra la musica e queste tendenze estetiche, secondo Shattuck, è ‘complessa ma pertinente. La musica, più che le altre arti, ha sempre preso sé stessa come il suo oggetto. Ogni sonata ‘tratta’ della forma della sonata…  Questa aspirazione alla ‘purezza’ spiega perché nella Francia di fine ‘800 è stata restituita alla musica la sua posizione centrale rispetto alle arti,  dopo un lungo periodo in cui fu considerata un mezzo espressivo adatto alla sensibilità romantica germanica … Durante gli anni del banchetto la musica arriva a rappresentare lo stato di auto-riflessività e auto sufficienza alla quale tutte le arti aspirano.”

Per quanto riguarda la giustapposizione, ‘le lunghe transizioni che riempiono le composizioni dei tre secoli precedenti spariscono rapidamente dopo Satie, Debussy e le Six .. sempre più spesso si compone utilizzando piccoli pezzi distinti, come le tessere di un mosaico … come nel cinema, la musica moderna spesso unisce le sue parti in modo non da farci sentire passaggi agevoli da una all’altra, ma da farci sentire il conflitto tra di loro’. 

Che ne pensate? 

Jeanne Clegg

Libertà in Musica: 100 Anni di Rhapsody in Blue, il capolavoro che ha insegnato agli Stati Uniti a sognare

Quando Rhapsody in Blue debuttò nel 1924, fu un inno alla libertà creativa e un simbolo del sogno americano. Oggi, a cento anni di distanza, il brano mi fa riflettere sul significato di libertà e democrazia, e a quanto questi valori siano preziosi e fragili. In un’epoca in cui gli Stati Uniti e il mondo intero affrontano sfide complesse, il messaggio di Rhapsody in Blue risuona forte: l’arte può diventare un veicolo di speranza? A 20 anni ne ero certa ora lo desidero fortemente!

Il DuoKeira eseguirà questo capolavoro con la volontà di restituire al pubblico tutta la sua energia, freschezza e complessità, offrendo un’interpretazione che celebra l’incontro tra due mondi e la forza della collaborazione. Perché, come ci insegna Gershwin, la vera libertà non è fare ciò che si vuole, ma trovare la propria voce nel rispetto di ciò che ci circonda.

George Gershwin creò questo capolavoro in un periodo di grandi cambiamenti e tensioni, fondendo stili diversi e catturando l’essenza di un’America in trasformazione. La sua composizione rimane un simbolo di aspirazione e di libertà artistica, un’opera capace di unire persone e culture, suscitando riflessioni profonde su temi ancora attuali come l’appropriazione culturale e l’identità nazionale.

La questione dell’appropriazione culturale è centrale nel dibattito su Gershwin. In molti si sono chiesti se il compositore abbia “rubato” dalla cultura musicale afroamericana. Gershwin frequentava Harlem, assorbendo lo stile vibrante dello “stride piano”, che combinava elementi di ragtime, blues e folk. Questa immersione nella scena musicale afroamericana influenzò profondamente il suo modo di suonare e comporre, molto più di quanto avrebbero potuto fare le sue lezioni di pianoforte classico. Lara Downes, pianista e interprete di Rhapsody in Blue, nota come il brano rifletta l’energia e l’atletismo di questo stile, frutto dell’incontro con artisti come James P. Johnson e Willie “The Lion” Smith.

Ma Rhapsody in Blue va oltre il dialogo culturale. Pochi mesi dopo il debutto della composizione, il Johnson-Reed Act, una legge fortemente xenofoba, limitò drasticamente l’immigrazione negli Stati Uniti. Gershwin, figlio di immigrati ebrei russi, rifletteva nella sua musica l’esperienza dell’integrazione culturale. La sua Rhapsody è un “caleidoscopio musicale dell’America”, in cui convivono influenze di Tin Pan Alley, il teatro yiddish, la musica spagnola e il jazz. Non è solo un brano di intrattenimento, ma un atto di ribellione, una dichiarazione su come l’America dovrebbe essere: un luogo dove diverse culture si mescolano per creare qualcosa di unico.

Lara Downes, insieme al compositore Edmar Colón, ha portato avanti l’idea di un’America musicale inclusiva con Rhapsody in Blue Reimagined, una versione moderna che incorpora sapori afro-cubani e cinesi. Questa reinterpretazione celebra la visione di Gershwin, rendendo omaggio al melting pot culturale che ha sempre caratterizzato gli Stati Uniti. Nel corso degli anni, Rhapsody in Blue è stata adattata a vari stili musicali, dimostrando la sua straordinaria flessibilità. Il contributo di questa composizione è stato fondamentale per aprire le porte a una nuova visione della musica americana, spingendo compositori e musicisti a esplorare la fusione tra jazz e musica classica, come dimostrano le sperimentazioni di artisti del calibro di Duke Ellington e Leonard Bernstein.

Gershwin morì prematuramente nel 1937, a soli 38 anni. È lecito chiedersi come la musica classica americana sarebbe evoluta se avesse vissuto più a lungo, e se i suoi contemporanei avessero preso più seriamente lui e la musica afroamericana che lo ispirava. Tuttavia, questo non sminuisce il potere della sua musica. Rhapsody in Blue continua a ispirare perché ci connette con l’entusiasmo di Gershwin e con il suo desiderio di mostrare il meglio che l’America può essere.

In un momento storico in cui il concetto di democrazia è nuovamente sotto esame negli Stati Uniti, Rhapsody in Blue risuona ancora con forza come un inno alla libertà e alla diversità. La sua musica ci invita a guardare oltre le divisioni, a immaginare un futuro in cui le differenze culturali non siano motivo di conflitto, ma una risorsa preziosa da celebrare.

Sabrina

✨ Grazie di Cuore a Tutti! ✨

La stagione di “Andante con Fuoco” è giunta al termine, e vogliamo esprimere la nostra più profonda gratitudine a tutti coloro che hanno reso possibile questo viaggio.

🎶 Membri dell’Associazione: La vostra dedizione ed il vostro incoraggiamento sono stati la linfa vitale che ha permesso alla nostra visione di prendere vita. Ogni vostra azione ha contribuito a creare un’esperienza unica per tutti.

🎤 Artisti: Avete abbattuto le barriere tra palco e platea, condividendo con noi il vostro talento e svelando il lavoro minuzioso dietro ogni performance. Con professionalità e artisticità, avete saputo accogliere l’informalità del luogo, creando una connessione autentica e profonda con il pubblico.

💖 Spettatori: La vostra presenza e il vostro entusiasmo hanno illuminato ogni performance. È grazie a voi che ogni evento è stato reso indimenticabile.

Non vediamo l’ora di condividere con voi nuove esperienze musicali nella prossima stagione di “Andante con Fuoco”.

Siamo lieti di annunciare che sono aperte le iscrizioni per l’anno associativo 2024-2025! Invitiamo tutti coloro che desiderano associarsi a farlo il prima possibile!

Siamo quasi pronti con la programmazione delle nuove date e non vediamo l’ora di condividerle con voi.

Un caro saluto e ora ci godiamo un po’ di vacanze estive,

Il Team di “Andante con Fuoco”

P.S. Alleghiamo un video con le bellissime foto di Angela Lucari, che ha catturato gli scatti durante la stagione 2023/2024.

La poesia non piange lacrime degli angeli

Le musiche scelte per la nostra stagione per il concerto dell’11 maggio dal Bequadro Piano Duo fanno venire in mente un nostro incontro di due anni fa (marzo del 2022), una lezione concerto intitolata “La poesia e la musica: il popolare che si sublima”. In quell’occasione Sabrina e Michela hanno suonato per noi musiche di Brahms e Grieg nelle quali sono ripresi e resi ‘sublimi’ temi e generi destinati ad un pubblico allargato e non specialistico, e ci hanno ricordato quanto la musica ‘classica’ del periodo romantico esprima una protesta contro il classicismo accademico elitistico e l’egemonia dei modelli dell’arte greca e romana.  Si tratta di una tendenza che caratterizza anche le altre arti del periodo, nelle arti visive e in modo marcato la poesia, che vede un sostanziale abbandono della satira e dell’epica a favore della ballata, della canzone e di temi ‘umili’, gli ‘avvenimenti di tutti i giorni’ in cui si possano ritracciare ‘le leggi fondamentali della nostra natura’ [umana]. Così scriveva William Wordsworth nel 1800 nella ‘Prefazione’ al volume di ‘ballate liriche’ che, per la ‘bassezza’ dei sui personaggi (vecchi, mendicanti, donne abbandonate, bambini, idioti) e del linguaggio usato provocato disgusto tra i critici.  Come spiega in difesa delle scelte:

La vita umile e rurale è stata scelta generalmente perché, in questa condizione, le passioni essenziali del cuore trovano un terreno più adatto alla loro maturazione, sono soggette a minori costrizioni, e parlano un linguaggio più semplice ed enfatico … Si è pure adottato il linguaggio di questi uomini… perché … soggiacendo in minor misura all’azione della vanità sociale, essi comunicano i loro sentimenti e le loro idee con espressioni semplici e non elaborate. Un simile linguaggio… è dunque un linguaggio più stabile e ben più filosofico di quello che i poeti di solito sostituiscono ad esso, pensando di attirare tanti più onori a se stessi e alla loro arte, quanto più si alienano le simpatie degli uomini e indulgono in arbitrarie e capricciose abitudini linguistiche… Si troveranno ben pochi esempi in questo libro di quella che viene normalmente chiamata « dizione poetica »: …mi sono sforzato di evitarla tanto quanto altri poeti si sforzano di adottarla.. Questo metodo … ha necessariamente comportato la rinuncia a tutto un repertorio di frasi e figure di discorso che di padre in figlio sono state considerate come il comune retaggio dei poeti. …La poesia non piange «le lacrime degli angeli» bensì lacrime umane; essa non può vantarsi che nelle sue vene scorra ambrosia celeste, tanto superiore al plasma della prosa; nelle vene di entrambe circola il medesimo sangue umano.

Per illustrare la teoria esposta da Wordsworth qui nell’incontro di marzo 2022 Sabrina Cossu e Vincenzo Sterbini hanno letto un breve poesia dello stesso autore; forse ancora più immediate sono le Canzoni di Innocenza e di Esperienza incise tra il 1789 e il 1794 dal rivoluzionario, poeta, pittore e tipografo londinese William Blake. Eccone un esempio:

Jeanne Clegg

La Magia di Piazzolla

La scorsa settimana, un nostro evento musicale ha commosso l’Andante con Fuoco (dal latino commovēre, cioè mettere in movimento) attraverso le composizioni di Astor Piazzolla. Un trio composto da pianoforte, violino e violoncello, il trio Parsifal,  ha coinvolto il  pubblico enormemente. Mi hanno colpita le lacrime, specialmente durante l’esecuzione di “Oblivion” e “Inverno Porteño” di molti spettatori.

Ma perché queste melodie toccano così profondamente la nostra anima? Perché questa musica ci muove così profondamente? In “Oblivion”  si percepisce la perdita incommensurabile, ma di cosa poi? di un amore? della vita? della propria memoria? In “Inverno Porteño”  c’è  la freddezza e l’introspezione dell’inverno (ma ricordiamoci che siamo dall’altra parte dell’emisfero!!!), con una passione che arde sotto la superficie. Io ero lì immersa in questa esperienza, fluttuando nella mia immaginazione con le mie scarpe rosse da tango, commossa e mossa da quel “pensiero triste che si può ballare”, come Astor ha definito il tango, la danza che racchiude in sé storie di amore, di passione e di perdita.

Un aspetto particolarmente toccante per me dell’evento è stato il riconoscimento del ruolo di Nadia Boulanger nell’evoluzione artistica di Piazzolla. Boulanger, una delle più influenti insegnanti di composizione del XX secolo, ha visto il potenziale unico di Piazzolla e lo ha incoraggiato a perseguire la sua voce musicale distintiva. Questo aneddoto ha evidenziato come un mentore possa liberare la vera essenza di un artista, permettendo a Piazzolla di esplorare e infine definire il nuovo tango.

E per chi era presente, con o senza scarpe rosse, è stata una serata che rimarrà nel movimento continuo della propria anima.

Sabrina

 

Cos’è l’amore

Circa sei mesi fa ho ricevuto in regalo il libro di poesie “Variazioni su un tema dato” di Ana Blandiana. L’amica che me lo ha regalato era illuminata da come il lutto della persona amata fosse espresso con così tanta profondità e leggerezza allo stesso tempo. Le poesie, in rumeno, sono state tradotte da un altro caro amico, Bruno Mazzoni. Ho letto le poesie molto, anzi troppo, voracemente. Sapevo che ci sarei ritornata più volte…

A questo è seguito un incontro del DuoKeira con Blandiana in un bar non lontano dall’Ambasciata di Romania ed il desiderio che lei e Bruno leggessero le poesie per i nostri soci di Andante con Fuoco.  Cautamente abbiamo chiesto a Blandiana se le avrebbe fatto piacere venire al Quadraro e che noi suonassimo qualcosa che si alternasse alla lettura. Lei ha detto di sì!

Qual è il brano che mi è venuto in mente? Doveva essere un tema con variazioni. Non capivo al momento perché sentivo che l’unico possibile era quello di Brahms su tema di Schumann. Ora so che era l’unica scelta possibile….

Johannes Brahms compose le sue Variazioni Op. 23 nel 1861 e dunque 5 anni dopo la morte di Robert Schumann. Il tema, in Mib, è di grande bellezza e importanza. Schumann affermò di aver udito questa melodia durante le allucinazioni della sua follia, nella notte del 17 febbraio 1854, notte in cui tentò il suicidio. Egli credeva che questa melodia, chiamata “degli spiriti”, fosse stata inviata dal cielo grazie agli angeli e portata a lui da Schubert e Mendelssohn.

Le variazioni di Brahms rappresentano una sorta di celebrazione e di addio formale a Schumann. Il modo in cui Brahms tratta il materiale è semplicemente straordinario: ogni variazione ha un carattere distintivo.  Il lirismo, la tensione, l’asprezza, la trepidazione, lo spasmo, la spettralità, l’intimità sono tutti sentimenti presenti e percorsi e che mostrano l’umanità e l’amore di Brahms.

Sabrina

Bruno Mazzoni “Variazioni su un tema dato” | il posto delle parole

La speranza di un ricordo e il ricordo della speranza. In memoria di Claudio Abbado

“La musica è necessaria alla vita,  può cambiarla, migliorarla. E in alcuni casi può addirittura salvarla”. Claudio Abbado

“È stato un genio  con grande rigore umano e sociale ; un genio della musica ma anche un sovrano. Tutto in lui era regale  e allo stesso tempo umanissimo”. Mario Martone

Quel pomeriggio, a Fiesole, arrivò – col maestro Farulli, alcuni colleghi e coi rappresentanti della Scuola –  all’“Auditorium Sinopoli”, che ospitava le prove dell’orchestra al completo. Eravamo tutti lì. Lo aspettavamo, tesissimi. Mi posizionai, con altri ragazzi, lungo il perimetro della sala, in un punto che mi permettesse di non perdere nemmeno un dettaglio. A un certo punto, in distanza, lo vidi. Arrivava dalla salita che collegava l’edificio principale della Scuola all’Auditorium : una semplice camicia azzurra, dei pantaloni neri, sorridente. Col suo garbo regale e la delicatezza della sua modestia, salutava, col capo, tutti quelli che incrociava sul suo percorso. Entrato, silenziosamente, ci salutò. Sistemato il leggio, attaccò Brahms. Continua a leggere

15 anni di DuoKeira Piano Duo

Foto: Angela Lucari

Sabrina: Si, sono passati 15 anni. Volati? Non direi, e ne abbiamo fatte di cose insieme:

Abbiamo suonato tanta musica, conosciuto persone meravigliose, percorso migliaia di chilometri, cavalcato tante sale da concerto formali e informali, domato i pianoforti più stravaganti, inciso tre CD, costruito spettacoli, avviato un’associazione musicale, e da quest’anno abbiamo iniziato una scuola di duo pianistico 😉 Continua a leggere